LA SOFFERENZA RIMANE CHIUSA A CHIAVE
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In questi giorni si leggono notizie di rivolte in alcune carceri italiane, si sente parlare di sovraffollamento e di suicidi ma, da persone che non hanno affetti o frequentazioni dirette in queste strutture ci chiediamo: cosa sta succedendo, veramente?
Noi crediamo forse che il carcere sia la naturale conseguenza di un reato commesso: ma non tutto è così lineare. Nelle carceri italiane abbiamo quasi il 30% di detenuti in attesa di giudizio, ci sono circa 51000 posti disponibili (effettivi circa 47000 per problemi di inagibilità), ma ad oggi vi sono accolte circa 61000 persone: un sovraffollamento del 130% circa che mette in difficoltà strutture e operatori interni. A Montorio veronese su 335 posti disponibili ci sono 618 persone dietro le sbarre: 182% di presenze rispetto ai posti letto!
Ma se il carcere è rieducazione (come afferma la nostra Costituzione, articolo 27) ed è limitazione della sola libertà (non degli altri diritti!), lo Stato, che si prende in carico la vita di queste persone, cosa sta facendo per tutelare le garanzie presenti sulla Carta fondamentale e la dignità di questi esseri umani? (articoli 2 e 3 della Costituzione).
Le conseguenze di questa situazione sono almeno 61 suicidi da inizio anno tra i detenuti e quasi una decina tra le forze di polizia penitenziaria: possiamo pensare che lo Stato che ha in custodia queste persone non si senta corresponsabile di queste disfunzioni, viste le carenze strutturali e organizzative? (vedi articolo 40 codice penale).
Ma allora cosa è diventato il carcere? Forse lo “sgabuzzino” dove buttare alla rinfusa ciò che crea turbativa al nostro vivere sociale: persone con problemi di dipendenza, persone con problemi mentali, persone senza fissa dimora, persone con disagi culturali e sociali e tra l’altro sempre più giovani (quasi il 30% ha meno di 34 anni).
I dati poi dell’ultimo rapporto di Antigone mettono in evidenza alcune questioni che ci fanno riflettere: le ultime norme hanno aumentato i nuovi reclusi (circa 4000 in più in 12 mesi e in particolare minori); solo il 38% dei reclusi è al suo primo reato, con evidenza che la recidiva alta dimostra l’inefficacia del sistema, con carenze di lavoro e di formazione professionale e scolastica (se non hai strumenti culturali come puoi cambiare il corso della tua vita?); manca personale di ogni tipo, dalla polizia penitenziaria, ai medici e in particolare educatori (a Verona ci sono 3 educatori con circa 600 persone: come possono incidere?); l’uso dei farmaci psicotici e antidepressivi o sedativi e ipnotici sfiora il 40% delle persone recluse, con grandi ricadute di tipo psichiatrico.
Non possiamo pensare di rinchiudere i problemi in una “scatolina” senza risolverne le cause: ma di quelle non si parla molto… finchè la questione non riguarda una persona nota o importante la sofferenza rimane chiusa a chiave.
Agostino Trettene
Ministero | Antigone |